Il tema del cloud è tra i più rilevanti in materia di PA Digitale, ma va visto in un’ottica molto diversa rispetto a chi la propugna come panacea per la digitalizzazione della PA. Anche perché la digitalizzazione non è sinonimo di snellimento dei processi burocratici. Forse va vista come una leva per la velocizzazione dei processi visto che molti compiti sono delegati alle capacità computazionali e alla capacità del software di assolvere a richieste dell’utente.
di Marco Porcu e Sandro Usai, CEO Ablativ Srl
Negli ultimi anni il Governo e il Parlamento hanno provato a creare le strutture organizzative incaricate di avviare le azioni per migliorare gli aspetti legati alla Pa Digitale, in particolare attraverso il Cloud, appunto, con lo scopo di agevolare i processi burocratico-amministrativo dello Stato. Abbiamo conosciuto varie sigle quali CNIPA per arrivare sino ad oggi con Agid. Abbiamo anche assistito alla nomina di commissari e alla nascita di teatrini che hanno sciupato tempo e soldi con strutture che si sovrapponevano senza raggiungere il vero obiettivo: mitigare la burocrazia favorendo l’implementazione della digitalizzazione dei processi.
Come vedremo, però, la digitalizzazione dei processi amministrativi non è sufficiente per snellire i processi burocratici. Anzi in molti casi, che abbiamo avuto modo di studiare, il risultato è tutt’altro che vantaggioso per i cittadini e per i dipendenti pubblici.
Basta vedere che le applicazioni offerte i cloud sono le stesse presenti già oggi nei data center degli Enti pubblici. Il passaggio in cloud rischia addirittura di peggiorare la situazione di lock-in in cui si trovano tantissime amministrazioni a causa della mancanza di servizi di interoperabilità applicativa.
RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI AI TEMPI DEL COVID
Se a questo aggiungiamo che il nostro paese è fortemente in ritardo nello sviluppo della banda larga e ultra larga diventa davvero problematico raggiungere le aree cloud nazionali.
Sarebbe un grave errore sostenere che grazie al cloud migliorano le condizioni di erogazione dei servizi ai cittadini se non si capisce che il problema sta nei processi. Le applicazioni software non fanno altro che ricalcare quell’approccio procedurale insito nel burocrate e nelle norme da lui create.
Se esaminiamo i fatti nella loro essenza non si può non ammettere che in molte occasioni è cresciuta la confusione che alimenta il caos a vantaggio dei ritardi di ogni tentativo di modernizzazione in ottica moderna.
Ritardi che il nostro paese sta pagando cari sia in termini di insoddisfazione dei cittadini che di costi di gestione.
Riepilogando, le criticità evidenziate sono:
- mancanza di servizi e interoperabilità applicativa
- ritardi nello sviluppo della banda larga e ultra larga
- confusione crescente e caos dovuto ai ritardi e alle lungaggini0
PATENT BOX: COME OTTENERE L’AGEVOLAZIONE
Nonostante tutto, e con grande ritardo, il Governo sta cercando di percorrere soluzioni strategiche – ANPR, SPID – orientate a utilizzare architetture cloud. Il ritardo con cui molte amministrazioni stanno approcciando al cloud da una parte ha sane ragioni di sicurezza e organizzative e dall’altro, alla luce delle soluzioni offerte, permangono dubbi sulla economicità inducendo molti dirigenti a continuare a preferire i data center interni che sanno tanto di “potere” e capacità contrattuali importanti da esibire ai convegni.
Rimane forte e radicato anche il convincimento che la digitalizzazione dei processi e degli atti è cosa diversa che non viene risolta con il cloud che per molti rimane una nuvola oscura, poco trasparente e poco controllabile. La riprova di questo sentimento sta nella consapevolezza che i processi amministrativi e lo snellimento delle pratiche non si migliorano con il passaggio al cloud ma con la determinazione di nuovi approcci al cittadino e con la completa interoperabilità tra sistemi informativi che accedono a basi dati condivise.
In diverso modo vanno visti i servizi di conservazione documentale che sostituiscono i vecchi archivi bisognosi di cure e sempre più costosi.
Dai riscontri che si rilevano presso molti Enti Locali emerge chiaro che la soluzione cloud non è la parola chiave per la digitalizzazione e conseguente sburocratizzazione del nostro Paese. E a ben vedere i contratti offerti dalle società qualificate da Agid sommati ai costi di connettività in doppia via non mostrano risparmi significativi rispetto agli attuali costi di gestione.
Inoltre, in tanti riscontrano che manca la necessaria robustezza informatica e di connettività per garantire ad un ente il mantenimento di elevati standard di accesso ai servizi applicativi.
Sono praticamente assenti le possibilità di avere le basi dati replicate su due provider prevedendo la sincronizzazione in tempo reale; manca le possibilità di attivare la connettività con portanti diversi (FO e ponte radio) forniti da provider diversi e terminati su due cloud geograficamente distanti e replicati con backbone a anello in doppia via.
Insomma, se si perseguono i requisiti di massima sicurezza di accesso ai dati conservati in cloud i costi aumentano parecchio per la PA.
E ancora, anche ammesso che il cloud porti significativi risparmi nella gestione della infrastruttura informatica per via dei servizi centralizzati di tipo sistemistico, bisogna aggiungere il nodo delle applicazioni che oggi rimangono a immagine dei processi burocratici attuali vanificando in molti casi ogni tentativo di snellire le procedure.
Anche l’adozione di soluzioni come il cloud nella PA per ospitare le applicazioni gestionali non ha rappresentato la vera spinta per la digitalizzazione dei processi amministrativi. E gli esempi sono tantissimi.
Tutto questo non ci deve sorprendere perché se anche tutte le procedure passassero in cloud così come sono ci saremmo limitati a spostare la capacità di calcolo senza incidere sui processi di gestione che sono il vero nodo che determinano la pesantezza burocratica che opprime i cittadini e le imprese aumentando i costi e deficientando la qualità dei servizi resi.
Detto questo possiamo occuparci dell’altro aspetto estremo che rappresenta bene la confusione nazionale fatta di piccoli spazi digitali presenti in tantissime piccole amministrazioni locali che non interoperano a livello regionale e nazionale.
Sono tantissime le tribù digitali che alimentano i Comuni consentendo di gestire i processi amministrativi interni ma che vivono senza alimentarsi con l’esterno.
Il quadro della situazione italiana ce lo danno i numeri dell’ultimo censimento e lasciano poco spazio all’immaginazione:
- 22.000 Amministrazioni
- 11.000 Data Center
- 25.000 siti web, 160 basi di dati
- 200.000 applicazioni
- 5,8 miliardi di euro di spesa ICT annuale (IlSole24Ore).
Sono dati importanti che però non ci devono far scordare il principale problema che esiste in Italia. Le applicazioni presenti in tanti Enti non sono interoperabili pregiudicando la capacità di migliorare i processi lavorativi a favore di una più celere risposta verso i cittadini e le imprese. Se qualcuno è convinto che questo si risolve con il cloud sbaglia.
Tuttavia, a fronte di questi dati è certamente importante ricercare soluzioni che puntino al consolidamento delle infrastrutture informatiche anche per migliorare, in molti casi, la qualità dei servizi erogati a livello fisico e la sicurezza.
L’importante è non affidarsi esclusivamente a soluzioni architetturali che premono commercialmente spacciandosi per la panacea della nostra arretratezza digitale!