I LIMITI DEL SUBAPPALTO SECONDO IL TAR LAZIO
Il Tar Lazio, con la sentenza dell’8 febbraio 2021, n. 1575, è intervenuto sull’applicabilità dei principi stabiliti dalla Corte di Giustizia UE in merito al subappalto e ai limiti previsti dal legislatore italiano
di Marco Porcu, CClegal Studio Legale
Premessa. Come noto, il D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, c.d. Codice dei contratti pubblici, disciplina l’istituto del subappalto all’articolo 105 per i settori ordinari e all’articolo 174 per le concessioni. Il principio generale in materia di esecuzione di commesse pubbliche è quello per cui l’operatore economico che partecipa alla gara è tenuto a possedere su di sé tutti i requisiti richiesti dalla lex specialis e ad eseguire in proprio le prestazioni. Sono previste tuttavia delle eccezioni, atteso che attraverso l’avvalimento, l’associazione temporanea di imprese e il subappalto, la prestazione può essere eseguita anche da soggetti che non hanno tutti i requisiti per partecipare autonomamente alla procedura. Il principio della concorrenza, cardine del sistema economico europeo, consente e incentiva la massima partecipazione possibile alle gare pubbliche, anche per le micro imprese.
DECRETO SICUREZZA E SUBAPPALTO ILLECITO: SANZIONI SEVERE
L’intervento della CGUE. Sui limiti del subappalto, previsti dall’articolo 105 del Codice, ai commi 2 e 5, è più volte intervenuto il legislatore nazionale, che ha recentemente ampliato dal 30 al 40 per cento la soglia subappaltabile.
Questo intervento nazionale, è risultato necessario a seguito della procedura di infrazione che la Commissione Europea ha intrapreso contro l’Italia per il contrasto di questi limiti con le direttive europee (Direttive 24/2014).
Tuttavia, la Corte di Giustizia, non aveva messo in discussione l’ampiezza di questa soglia, bensì la sua stessa esistenza (CGUE 26.9.19 (C-63-18) e CGUE 27.11.19 (C-402-18).
Secondo la CGUE: “- (40) “la normativa nazionale di cui al procedimento principale vieta in modo generale e astratto il ricorso al subappalto che superi una percentuale fissa dell’appalto pubblico in parola, cosicché tale divieto si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, dalla natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori. Inoltre, un siffatto divieto generale non lascia alcuno spazio a una valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore”;
– (45) “… occorre rispondere alla questione pregiudiziale dichiarando che la direttiva 2014/24 dev’essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi.”.
RITENUTE NEGLI APPALTI E SUBAPPALTI: TUTTI I CHIARIMENTI
La decisione del Tar Lazio. Il caso sottoposto all’attenzione dei giudici amministrativi laziali, definito con sentenza dell’8 febbraio 2021, n. 1575, riguarda lo svolgimento di una procedura per l’affidamento di lavori pubblici sotto soglia, gestita per il tramite di una gara aperta.
Uno dei concorrenti, impugnava l’aggiudicazione avvenuta nei confronti di altro operatore economico perché avvenuta in contrasto con l’articolo 105. Nel caso di specie, la stazione appaltante aveva infatti disposto (art. 18 comma II del disciplinare) che “Ai sensi ed in conformità dell’articolo 71 della Direttiva 2014/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, non vi sono limitazioni al subappalto delle prestazioni oggetto del presente intervento”.
LE NOVITA’ PER GLI APPALTI PUBBLICI NEL DECRETO CURA ITALIA
Il Tar ha dichiarato che le norme della direttiva 2014/24 – rispetto alle quali la Corte UE ha affermato il contrasto dell’art. 105 d.lgs. 50/2016 – trovano applicazione, come stabilito dall’art. 4 della stessa, esclusivamente agli appalti che abbiano un importo, al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), pari o superiore alle soglie dallo stesso individuate, come periodicamente revisionate ai sensi dell’art. 6 della stessa direttiva.
Nel caso in esame, la pa ha quindi erroneamente agito per due ordini di ragioni: non solo ha espressamente disposto la diretta applicazione della direttiva 2014/24, in luogo della norma nazionale, ad una procedura di gara sotto soglia ma non ha neppure speso alcuna motivazione a sostegno della sussistenza, con riferimento all’appalto bandito, di un interesse transfrontaliero. Per tali motivazioni, il Tar ha ritenuto fondata la censura di violazione dell’art. 105 (nella specie del comma 5) d.lgs. 50/2016.
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