La Corte Costituzionale ha bocciato la legge della regione Toscana sugli appalti pubblici nella parte in cui privilegia e avvantaggia le imprese del territorio nella partecipazione agli affidamementi pubblici (sentenza n. 98 del 27 maggio 2020).
- I principi previsti dalle direttive e dal Codice.
L’elemento fondante delle direttive europee sugli appalti pubblici (23/24/24 del 2014) è quello di favorire la massima partecipazione possibile delle piccole e medie imprese. Sia a livello comunitario sia a livello nazionale sono molteplici gli strumenti tesi a coinvolgere queste (piccole) realtà imprenditoriali nel mercato degli approvvigionamenti pubblici.
Non è possibile però favorire e discriminare le imprese, così come i cittadini europei, in base alla loro nazionalità ed al luogo in cui hanno sede.
Per queste ragioni, in recepimento dei principi stabiliti dalle direttive, che comunque rappresentano principi fondanti di tutto il sistema politico ed economico europeo, l’articolo 30 del D.lgs. 50/2016, contiene un espresso richiamo alla necessità che le amministrazioni aggiudicatrici rispettino i principi di concorrenza e di non discriminazione.
In virtù di questi principi, non è dunque possibile limitare la partecipazione alle gare pubbliche ad imprese aventi sede legale in un determinato territorio.
- La legge regionale Toscana.
L’art. 10, comma 4, della legge della Regione Toscana 16 aprile 2019, n. 18 (Disposizioni per la qualità del lavoro e per la valorizzazione della buona impresa negli appalti di lavori, forniture e servizi. Disposizioni organizzative in materia di procedure di affidamento di lavori. Modifiche alla l.r. 38/2007), nell’ambito delle procedure negoziate sotto la soglia europea, stabilisce che «[i]n considerazione dell’interesse meramente locale degli interventi, le stazioni appaltanti possono prevedere di riservare la partecipazione alle micro, piccole e medie imprese con sede legale e operativa nel territorio regionale per una quota non superiore al 50 per cento e in tal caso la procedura informatizzata assicura la presenza delle suddette imprese fra gli operatori economici da consultare».
- La sentenza della Corte Costituzionale.
La Corte, nella sentenza n. 98 del 27 maggio 2020, evidenzia che le disposizioni del codice dei contratti pubblici regolanti le procedure di gara sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza e le Regioni, anche ad autonomia speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme. Tali considerazioni si applicano quindi anche alle disposizioni relative alla disciplina dei contratti sotto soglia senza che rilevi la distinzione tra procedura aperta o negoziata.
La norma impugnata, contrasta quindi sia con l’art. 30, comma 1, del Codice, perché viola i principi di libera concorrenza e non discriminazione sia l’art. 36, comma 2, dello stesso Codice perché introduce una possibile riserva di partecipazione (a favore delle micro, piccole e medie imprese locali) non consentita dalla legge statale.
- Soluzioni a favore delle stazioni appaltanti.
Attesa l’illegittimità di una norma regionale come quella della regione Toscana, in base al particolare oggetto della gara, le stazioni appaltanti hanno la possibilità di richiedere, per particolari tipi di appalto, l’impegno delle imprese a fissare una sede operativa della propria attività nel territorio in cui si svolgerà la prestazione.
Una simile previsione, adeguatamente motivata, concede a tutti gli operatori economici di partecipare agli affidamenti pubblici, a prescindere dal luogo in cui è stabilita la loro sede legale, nel rispetto dei principi di concorrenza e massima partecipazione.
avvocato