La quota variabile della Tassa Rifiuti può essere ridotta o esclusa ove l’impresa dimostri di non produrre rifiuti o di smaltirli in proprio, mentre la quota fissa è dovuta sempre per intero, in quanto destinata a coprire i costi essenziali del Servizio Rifiuti nell’interesse dell’intera collettività (Cass., sentenza n. 14038/2019).
In un caso relativo alla TIA, ma i cui principi possono senz’altro essere applicati alla TARI, un’impresa si era opposta al pagamento della TIA osservando che tutti i rifiuti da essa prodotti venivano smaltiti in proprio e pertanto nulla doveva essere corrisposto al gestore del Servizio Rifiuti. La Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso, mentre in grado di appello la sentenza veniva completamente riformata, accogliendo la tesi dell’impresa che veniva quindi del tutto esentata dal pagamento della TIA.
In parziale riforma della sentenza d’appello, e accogliendo in parte le richieste del gestore del Servizio Rifiuti, la Cassazione ha affermato che la quota fissa della TIA (ma il principio è applicabile, come osservato, anche per la TARI) è dovuta sempre e per intero, sul mero presupposto del possesso o detenzione di immobili nel territorio comunale astrattamente idonei alla produzione di rifiuti, considerato che tale quota fissa è destinata a finanziare i costi essenziali del Servizio Rifiuti, nell’interesse dell’intera collettività, senza che al riguardo assuma rilevanza la mancata produzione in concreto di rifiuti urbani o assimilati o la mancata fruizione del servizio rifiuti (Cass., sentenza n. 14038_2019, Tassa Rifiuti, quota variabile).
La Cassazione ha proseguito poi affermando che ogni valutazione in ordine alla quantità di rifiuti effettivamente prodotti dall’impresa ed all’intensità di utilizzo del Servizio Rifiuti, potrà incidere solo ed esclusivamente sulla quota variabile della tariffa. Tale quota può essere legittimamente pretesa solo in presenza di una effettiva produzione di rifiuti urbani o assimilati, con conseguente esclusione dal pagamento ove l’impresa dimostri di non produrre rifiuti o di produrre esclusivamente rifiuti speciali smaltiti in proprio.
Nell’ipotesi in cui il contribuente provi di non produrre in quelle aree rifiuti suscettibili di smaltimento, in quanto ad esempio interamente riciclati nello stesso impianto e venduti a terzi, o di produrre esclusivamente rifiuti speciali, non assimilabili o comunque non assimilati, smaltiti autonomamente, sopportando il costo del servizio di smaltimento a mezzo ditte esterne, va escluso che per le relative superfici, già soggette alla quota fissa, sia tenuto anche al versamento della quota variabile della TIA, senza che possa essere posta a suo carico anche la prova negativa della mancata produzione di rifiuti urbani o assimilati, sulla base del noto principio secondo cui “non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo” (Cass. nn. 14854/2013 e 384/2007).
A conclusione analoghe, in verità, era già giunta la Commissione Tributaria Provinciale di Cagliari, nel ricorso proposto da un gruppo della grande distribuzione per il rimborso della Tassa Rifiuti versata per i punti vendita ubicati sul territorio del Comune. In quell’occasione l’impresa aveva chiesto il rimborso della TARI osservando che tutti i rifiuti da essa prodotti venivano smaltiti in proprio e pertanto nulla doveva essere corrisposto al Comune. La Commissione Tributaria Provinciale tuttavia, accogliendo le tesi del Comune difeso dall’avv. Giorgio Mangiaracina, ha stabilito che la TARI è applicata sulla base dei metri quadrati di superficie posseduti e non è correlata alle quantità effettive di rifiuti prodotti; che incombe all’azienda l’obbligo e l’onere di fornire all’amministrazione, prima che passi il periodo oggetto di imposizione, i dati relativi all’esistenza di cause di riduzione del tributo; che infine, tutti sono tenuti in ogni caso a concorrere ai Costi Fissi del Servizio Igiene Urbana (e quindi i costi di lavaggio e spazzamento delle strade, pulizia dei marciapiedi e dei cestini lungo le strade; costi raccolta e smaltimento di rifiuti abbandonati; costi generali di gestione – emissione degli avvisi, fatturazione, sportello, ammortamenti ecc – costi amministrativi), trattandosi di costi per servizi utilizzati da ogni residente ancorché non correlati direttamente alla produzione di rifiuti. Questo il testo integrale della sentenza.
La giurisprudenza di legittimità rigetta quindi in parte le tesi di alcune importanti società della grande distribuzione, le quali da tempo contestano l’applicazione in misura piena della Tassa Rifiuti sollevando una serie di motivi – in fatto e in diritto – volti a ottenere la detassazione dell’intera superficie di vendita. Detassazione che, alla luce della – condivisibile – pronuncia qui in commento, appare limitata alla sola quota variabile del tributo.